San Donato è un quartiere-Bignami, capace come nessun altro di raccontare in sintesi l’intera storia della città, almeno quella contemporanea.

Nel capitolo iniziale sono presenti l’artigianato e la prima industria, lo sviluppo edilizio, le istituzioni sociali e la Resistenza; nel secondo – che lascia il borgo originario per la nuova area di Spina 3 – l’industria pesante, la crisi e le forti trasformazioni urbanistiche.

Per entrambe le parti il punto d’arrivo sono il terziario e la residenza. Il borgo com’è oggi nasce ufficialmente nel 1851, con la decisione comunale di ampliare verso ovest la città. Nei decenni successivi gli isolati di gusto liberty si saldano via via ai nuclei già esistenti, tentando di conciliare lo schema ortogonale di Torino al disegno irregolare dei canali d’acqua della zona – sono loro a guidarne lo sviluppo, fornendo la forza motrice della Dora alle macchine di laboratori artigianali e piccole fabbriche. Il risultato è un quartiere pieno e stratificato eppure facilmente scomponibile, che da sempre compatta insieme luoghi e uomini con vocazioni diverse.
I dislivelli in San Donato non sono solo nel terreno, che scende ripidamente verso il fiume. Pregio delle case e composizione sociale dividono in verticale un alto e un basso San Donato, variando con regola da un capo (corso Francia e via Cibrario con i palazzi migliori) all’altro (le case annerite tra corso Regina Margherita e il fiume). Al territorio riconosciuto al quartiere, da corso Lecce a corso Principe Oddone, vanno poi altre due zone dotate di identità propria. Oltre corso Tassoni si trova Campidoglio, con il suo borgo vecchio dove termina il primo itinerario, mentre a valle della Dora si sta completando la sostituzione dell’enorme insediamento industriale con case, parchi e centri commerciali. Insieme agli interventi a nord del fiume, Spina 3 è l’area che più segna lo sviluppo recente di Torino. Più che raccontarne la storia, sembra parlare del suo futuro.

[L’altra Torino, Espress Edizioni, pag. 209]