Vanchiglia è un quartiere sospeso al presente perché fatto di studenti, cervelli forse in fuga, forse no.
E sospesa è anche l’origine del nome, ancora senza una risposta definitiva. Alcuni dicono sia la contrazione di fango in piemontese, vengh; altri che derivi dai salici, i vinchi, o dai giunchi, un tempo tanto abbondanti da queste parti.
Proprio qui, vicino alla confluenza tra il Po e la Dora, fino all’Ottocento c’erano basse collinette, boschi, torrenti e acquitrini, e i rifiuti, che si scaricavano nei rigagnoli come fogne a cielo aperto. Terre fertili, ma poco salubri. Sempre qui si scaricarono anche i fucili di molti scontri tra piemontesi e francesi durante l’assedio della città nel 1706: a Vanchiglia c’era un accampamento che impedì ai francesi di entrare in città, cosa che invece riuscì loro un secolo dopo. Dopo la definitiva cacciata dei transalpini, nel 1814, il re ridisegnò l’intera area su progetto di Gaetano Lombardi, dandole il benvenuto in città. Cominciò l’epoca dei grandi viali di collegamento, le «tangenziali» nella città, come corso San Maurizio e corso Regina Margherita, che dividono – il primo dal centro a ovest, il secondo internamente – il quartiere. Gli attuali confini sono segnati da corso Regio Parco, corso Novara e lungo Dora Firenze a nord-ovest, la Dora a est, il Po a sud. Il quartiere riqualificato restò sospeso, a metà tra che mirava a una rivalutazione urbanistica e residenziale, Alessandro Antonelli, e chi lo vedeva come futura area industriale, Carlo Promis. Per tutto il Novecento, la dicotomia restò tale, tra industrie che nascevano, la città che si allargava, palazzo Nuovo che nasceva mentre scoppiava il ’68.
Da allora, oltre corso San Maurizio, nella zona gravitano migliaia e migliaia di studenti torinesi, italiani e stranieri, una buona parte dei quali vive, per qualche mese o anno, a Vanchiglia. E si sa, gli studenti sono un po’ come i turisti: vivono nel lusso di non essere mai del tutto coinvolti dai posti dove abitano, o che attraversano, consci che in fondo questa non è la loro storia. Un luogo tanto popolato da studenti, in questo caso, non può che rimanere sospeso, in un presente sul punto di esplodere che non esplode mai, come certe granate dei film. Ecco perché Vanchiglia non è mai diventato del tutto industriale, del tutto di tendenza, del tutto residenziale. Ma ha sempre vissuto tutto ciò al presente, sospeso. E come tutti i presenti sospesi lascia individuare, magari in controluce, che cosa c’era prima e che cosa ci potrà essere dopo: i due itinerari corrono come flashback e flashforward per il quartiere, separati da corso Regina Margherita.
[L’altra Torino, Espress Edizioni, pag. 345]